Le regioni del nord hanno fatto sicuramente calcoli egoistici, atti a mantenere il benessere dei loro cittadini, ma è evidente che ci sia una diffidenza, antica e profonda, che i mali del sud e della Campania siano irrisolvibili.
L'eterna lamentazione napoletana appare insopportabile, Napoli addebita la sua povertà agli altri, a cominciare dal dominio spagnolo. Ma il dominio spagnolo ci fu a Napoli come a Milano, a Napoli dissanguò la città, mentre a Milano dovette accontentarsi di pochi e magri pedaggi.
La depressione di Napoli appare al nord come incurabile e per questo il nord cerca di ignorarla.
Napoli non è in fondo al pozzo, ma non riesce mai a salire sul treno dello sviluppo vero, consolidato, la sua storia è un continuo arrivare in ritardo: al Risorgimento ha dato soltanto ottanta garibaldini, al socialismo, al fascismo (che sono state "invenzioni padane"), scarsa partecipazione.
All'inizio del secolo scorso ha sperato nel miracolo portuale, nel superamento di Genova, era il porto degli emigranti, ma questi erano quantità, non accumulo di capitali e crescita del terziario.
E' fallito il progetto di fare Napoli la capitale dello sviluppo meridionale, la Cassa del Mezzogiorno è statta trasferita a Roma.
La cultura napoletana esiste, ma tende a chiudersi nel conservatorismo, città che si chiude in sè, perchè non sa uscire da sè, che ogni cosa che tenta finisce nel peggio: la politica "della casa per tutti", gestita per anni da amministratori incapaci, ha creato un inferno urbanistico, una colata di cemento armato, d'immensi quartieri dormitorio, di centoventi-centocinquantamila abitanti occupati da una poltiglia sociale che spesso trova nella camorra l'unica autorità presente.
Quindi chi è cagion del proprio male, pianga se stesso.
[Modificato da |TripleH| 13/01/2008 13:49]