Sport in pericolo

Dalla pallacanestro il segnale che lo sport italiano rischia grosso

Di Giorgio Ferazzoli - BaseballItalia

La pallacanestro italiana è nei guai. Napoli e Capo d’Orlando sono state escluse dalla serie A, alcuni consiglieri federali si sono dimessi e il presidente della Fip, la Federazione italiana pallacanestro, Fausto Maifredi non sa da che parte girarsi. Perché sono molti quelli che lo additano come la causa principale della crisi del basket tricolore. La sua ultima rivoluzione: la riduzione dal campionato 2009 degli extracomunitari (da 4 a 3) e l’esclusione dei “naturalizzati” dalla quota dei 6 giocatori di formazione italiana. La nuova regola sembra non andare a genio ai club, ma nemmeno i giocatori si dicono completamente soddisfatti. Eppure, sarebbe un modo più o meno diretto per garantire la presenza di atleti italiani sul campo. Intanto, tra un dubbio e l’altro, la Nazionale rischia seriamente di non qualificarsi per i prossimi Europei, non andava così male da anni. Il movimento è prossimo al collasso. E al commissionariamento.

Il ct degli azzurri Carlo Recalcati ha una spiegazione e la propone: “Raccogliamo quello che abbiamo seminato. All'Europeo del 2003 e ad Atene la Nazionale era composta da giocatori che militavano tutti nei grandi club. Ora non abbiamo alcun giocatore protagonista in squadre di vertice come Siena e Roma e nemmeno nelle altre due semifinaliste scudetto della passata stagione. Secondo me è un dato su cui riflettere”. Ma i giocatori che potrebbero fare la differenza ci sono, meglio, ci sarebbero. Il problema è che rifiutano la convocazione. Bargnani, Belinelli, Gallinari, sono soltanto alcuni degli atleti che hanno risposto picche alla chiamata di Recalcati.

La Nazionale non piace più? “La Nazionale è un'esperienza molto particolare, ti gratifica ma ti toglie tanto” – ha avuto modo di dichiarare Massimo Bulleri, uno di quelli che veste azzurro -. “Spesso si torna a casa stanchi e acciaccati e i club non ti concedono molto tempo per riprenderti. Inoltre stai lontano dalla famiglia anche per mesi. Mentre parenti e amici sono al mare noi passiamo l'estate in palestra a lavorare o negli aeroporti. Per questo andare in Nazionale deve essere un obiettivo a cui si tiene davvero, una roba che ti senti dentro. Chi non c'è forse è bene che si faccia un esame di coscienza e cerchi di capire se la Nazionale se la sente nella pelle”.

Giocatori che rifiutano la convocazione della Nazionale, braccio di ferro tra club e Federazione per il numero di atleti di scuola italiana da inserire nei roster, movimento che traballa e che rischia di sciogliersi come neve al sole: la pallacanestro italiana è ad un bivio, forse decisivo. Può scegliere di fare un passo indietro e lasciare le regole come sono, andando incontro alle esigenze delle società che scelgono gli stranieri perché garantiscono qualità e spettacolo e quindi incassi. Oppure, può dare retta alla Federazione che dice che ai giocatori italiani deve essere garantito maggiore spazio affinché la Nazionale possa rappresentare al meglio l’Italia nelle competizioni che contano.

Qualcuno sostiene che quanto sta accadendo alla pallacanestro possa interessare, in tempi più o meno ravvicinati, numerose altre discipline di squadra, tra le quali il baseball. Che a differenza del basket, però, è molto meno “strutturato”. Per intenderci, il baseball italiano non dispone di una Lega che sostenga le ragioni delle società di serie A e nemmeno di un sindacato dei giocatori, che nella pallacanestro conta tantissimo. Si può dire, senza creare imbarazzi ad alcuno, che la Federazione italiana baseball & softball (Fibs) abbia il pallino del gioco in mano e decida, con una certa autonomia, cosa, come e quando agire. E la ragione è semplice: ci sono meno tavoli ai quali sedersi, meno interlocutori ufficiali. In due parole: meno noie. La Federazione indica la strada e il movimento la segue. Più o meno volentieri.

Eppure, i problemi sono più o meno gli stessi: giocatori che non rispondono alla chiamata in Nazionale e squadre infarcite di stranieri e oriundi che tolgono spazio ai pochi atleti italiani. Il discorso vale per la pallacanestro, per il baseball e molto probabilmente, come si diceva, per numerosi altri sport. Trovata la perdita, si dovrebbe capire come ripararla, ma qui nascono i veri guai, perché si entra nel territorio delle cose che non sembra possano essere spiegate. Colpa della globalizazzione, di cui si temono spesso più i vizi delle virtù e che ogni due per tre viene chiamata in causa per nascondere magagne di ogni fattezza, o della mancanza di un’adeguata programmazione per un efficace e costante sviluppo dei settori giovanili, veri e propri incubatori di nuovi talenti? Sarà questo, probabilmente, l’interrogativo al quale molte federazioni dovranno trovare risposta per evitare un tracollo che potrebbe avere effetti disastrosi sul già precario sistema sportivo italiano.