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25/09/2007 10:59
 
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Veltroni e Sacrati d'accordo sul futuro dei cesti
Fortitudo, "linkare" il canestro alla città: Veltroni e Sacrati d'accordo sul futuro dei cesti


25/09/2007 10:34


- Unità -

L’unico nuovo mecenate del basket italiano ha poche parole, lunghi silenzi di ascolto e un’alta febbre del fare, come nelle poesie di Pietro Ingrao. Per questo non pare esattamente in sintonia col clima di Basket City, la Bologna dei canestri che crepita da sempre tra campanile, stilettate e zingarate. Gilberto Sacrati, nato 47 anni fa a Senigallia ma bolognese da una vita, imprenditore immobiliare e soprattutto fresco padrone della Fortitudo acciuffata per i capelli dal baratro («Conti a posto? Sinceramente ne ho trovati pochini, se questa società fosse un’azienda sarebbe stata sull’orlo del fallimento» chiosa sulla gestione Martinelli), pare invece molto più a suo agio sui nuovi binari dove corre il movimento dei cesti. Ci è salito ufficialmente ieri, in prima fila alla presentazione del campionato numero 86, con gli onori di casa fatti per il secondo anno di fila da Walter Veltroni. Il sindaco del basket, però, stavolta non si è limitato al saluto e gli auguri di circostanza. È rimasto sul palco per tutto il tempo al fianco di Guido Bagatta, ospiti della Lega, per varare una barca che prende un mare agitato come poche volte in passato. Ne agitano le acque il fallimento della nazionale (Fausto Maifredi dixit) e la scia velenosa lasciata dal caso Lorbek. Su cosa ci sia - o meglio, ci debba essere - nel futuro dei canestri, però, sembrano d’accordo almeno su un paio di cose Veltroni e Sacrati, che spenti i riflettori si sono salutati calorosamente e hanno parlato fitto. Più basket in televisione, più televisione nel basket («la pallacanestro potrebbe avere molto di più, non è possibile che il secondo sport del paese non sia visibile» osserva l’imprenditore, «non è vero che il basket in tv non fa ascolti, li fa eccome come ha testimoniato la nazionale in Spagna a prescindere dai risultati sportivi» echeggia il sindaco). E soprattutto, dicono all’unisono, più case per il basket. «Roma ha realizzato 51 playground, stiamo costruendo un nuovo impianto da 15mila posti, un altro da quattromila e diversi da millecinquecento. Quando sono diventato presidente onorario della Lega, ho detto che le tre urgenze erano la tv, gli impianti e il campionato giovanile» ha ricordato Veltroni. Parole sante per Sacrati, che sott’acqua a Bologna (ma nemmeno troppo) sta portando avanti un progetto di città dello sport da seicento milioni, chissà quanti però quelli che se ne potrebbero ricavare. Un palazzone nuovo, grande e moderno per ospitarci anche i mostri sacri della Nba, c’è un contatto con i Los Angeles Lakers, piscine, palazzine per atleti e studenti e insomma un campus che mescoli lo sport e l’università. Un modo per «linkare», per collegare la pallacanestro alla città, ai giovani e al sociale. Un’idea pilota in Italia che ha incassato per ora l’approvazione dell’amministrazione Cofferati, e ha individuato nell’area Caab (500metri metri quadrati) l’alveo dello Shangri-La bolognese. Per qualcuno è anche una mucca che darà molto latte ai padroni della stalla, ma per Sacrati è l’unico modo per dare un futuro al basket che in effetti ora è costretto a stipare la voluminosa platea in teatri spesso fatiscenti o piantanti nel nulla. «Dobbiamo prendere esempio dalla Spagna dove il basket è diventato il volano per aggregare giovani, sportivi e ampie fette del sociale, come nel caso di Barcellona. Fare mega palasport senza niente intorno sono soldi buttati» insiste Sacrati, che da più parti si dice affiancato nell’impresa nientemeno che dall’Unipol, e un po’ sembra di sentire il sindaco Veltroni che quando parla di panieri - alla bolognese - si illumina d’immenso come nemmeno ad un convegno su Jfk. Non assomiglia in questo a Sacrati che ha scelto il basso profilo e sulla rivalità tra le cugine bolognesi ha un’idea
calvinista: «Invece di perdere tempo con le punzecchiature, sarebbe meglio usarlo per costruire qualcosa».
di Salvatore Maria Righi

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