00 02/12/2009 00:50
Ci sono cose che portano in sé un valore che va oltre la loro essenza.

Simboli irrinunciabili intorno ai quali si salda un’identità, l’appartenenza a un mondo diverso, a una visione della vita chiara e netta che non accetta compromessi, che non si umilia in miseri distinguo. In questi giorni due provvedimenti legislativi approvati rappresentano la rinuncia simbolica a valori e beni collettivi; costituiscono il chinare il capo innanzi a interessi che nei distinguo, nelle sottigliezze e nei cavilli trovano la loro coltura, come virus infestanti. Ci riferiamo ai provvedimenti relativi alla privatizzazione dell’acqua e alla vendita dei beni confiscati alle mafie. Privatizzare l’acqua significa privatizzare la fonte della vita, creare un’ipoteca sulla nostra esistenza, consegnare l’elemento che ci mantiene in vita a speculatori, donarlo alle loro mani truffaldine. Le privatizzazioni sono state nel nostro paese portatrici di illegalità, basti pensare ai rifiuti, alla gestione del patrimonio edilizio, al business randagismo… Nel 1996 oltre un milione di persone firmarono la petizione per una legge sull’uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

Un appello che fu tradotto nell’approvazione della legge 109/96 che realizzava il sogno di tanti, a partire da Pio La Torre che fu ammazzato per il suo impegno per sottrarre alle mafie i beni accumulati illegalmente.

Questa conquista sociale che ridà ai cittadini ciò che è stato rubato loro, corre il rischio di essere vanificata, svilita, tradita. Vendere i beni confiscati significa tradire lo spirito della legge che restituisce alla società immobili, terreni, strutture che una volta erano la manifestazione più plateale dell’arroganza mafiosa, del potere prevaricatore e violento dei clan. Il sorgere di una cooperativa di giovani in una villa che un tempo era il regno di un boss, ha un valore simbolico che va al di là del fatto in sé.

Non è difficile immaginare chi sarà in grado, attraverso connivenza e capacità di nascondersi, di comprare ville, case e terreni appartenuti ai mafiosi.

La LAV aderisce all’appello lanciato da Libera per cassare l’emendamento sulla vendita dei beni confiscati, vi invitiamo a firmare l’appello all'indirizzo www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1780


Ci sono beni inalienabili.
La dignità e la legalità non possono essere vendute.

Ciro Troiano
Criminologo, Responsabile Osservatorio Zoomafia LAV