L'INTERVISTA
Zanetti: «Il Bologna? Non so come vada
avanti. Raccontano un mare di balle»
L'ex presidente: «Non torno perché non mi vogliono,
sono convinti di farcela da soli. Per fortuna resta Alino»
BOLOGNA - La cornice è quella di Palazzo Pepoli. Questa mattina vi si presentava «La ragazza con l'orecchino di perla», mostra di cui Segafredo Zanetti è main sponsor. Il pallone entra in campo alla fine. A margine della conferenza stampa di presentazione, Massimo Zanetti, ex presidente del Bologna, si ferma volentieri a scambiare due chiacchiere sul club di cui è ancora azionista con i 4 milioni che investì nel dicembre del 2010 per il salvataggio della società, dagli effetti del ciclone Porcedda Porcedda. Il Bologna oggi è nuovamente in affanno sotto il profilo economico. E sono in tanti a ragionare (qualcuno ci spera proprio) sul possibile ritorno dell'imprenditore veneto, come soluzione. Se n'è sempre parlato. Non è mai successo. Succederà? «Ho sempre detto che ci sono e ci sarò, che sono vicino al Bologna. Ma devono fare loro, i soci, il primo passo. E venirmi a cercare».
Non può farlo lei?
«Ma perché dovrei? Un mese fa erano tutti a cena assieme e hanno ribadito che non hanno bisogno di nessuno, al massimo di un Thohir. Ma di Thohir in giro non ce ne sono. E io sinceramente non tiro per la giacchetta nessuno per farmi dare il Bologna, non ne ho voglia».
E se Albano Guaraldi le chiedesse di tornare e prenderselo?
«Nessuno mi ha mai chiamato, figuriamoci se lo fa Guaraldi. Cosa farei? Analizzerei la situazione, guarderei bene i conti cercando di capire a quanto ammontano i buchi. Quando dissi che servivano 20 milioni di euro, si è scatenata l'ira di Dio, vi ricordate?».
Nel frattempo il capitale è stato dimezzato.
«Quello del club, quello di Bologna 2010 non si è svalutato. E sinceramente non so come facciano ad andare avanti. Ma sono bravi, alla fine, perché ce la fanno. Certo hanno dovuto vendere un mare di giocatori, da Viviano in poi ne sono andati via tanti».
C'era il rischio che vendessero anche Diamanti, per pagare i prossimi stipendi.
«Fortuna che non l'hanno venduto».
I soci hanno sempre detto che vorrebbero essere liquidati dei soldi spesi. Lei lo farebbe, rientrando?
«Ma se hanno 30-40 milioni di debiti e il capitale sociale è di 9 milioni, di che cosa parliamo? Una società si compra al netto dei debiti. E prendersi il Bologna non è un grande affare. Ci vogliono soldi. L'ho sempre detto e me ne dicevano di tutti i colori. L'ultima volta hanno varato un aumento di capitale da 5-6 milioni e lo hanno sottoscritto per 900 mila euro. Non mi stancherò mai di ripeterlo: ci vogliono soldi nel calcio. Hanno raccontato a tutti un mare di balle, da Consorte in avanti: non si è mai verificato quello che hanno detto. Però evitiamo altre polemiche, soprattutto adesso. Lasciamo stare».
Se lei i soldi li aveva, perché allora mise «solo» 4 milioni di euro?
«Perché volevo che la società fosse dei bolognesi. Il bello è che adesso quei bolognesi non mi vogliono. Arrivammo a 8 milioni, alla fine. Ma c'era un buco terrificante. Io comunque il mio passo l'ho fatto e con quei 4 milioni ho salvato il Bologna».
Ora ne servirebbero altri, di passi e di milioni.
«Ma guardi che di là c'è una compagine societaria, non è che non c'è nessuno. Vogliono andare avanti loro, evidentemente. E non si entra in Chiesa a dispetto dei santi».
Un'ultima domanda, poi la lasciamo andare alla mostra. Che ne pensa del nuovo centro tecnico?
«L'idea mi sembra valida, così si evita di pagare un affitto. Ma mi chiedo con quali soldi abbiano intenzione di farlo».
Con quelli del Credito sportivo.
«Che è una banca, però...».