Autore UN RACCONTO UN PO' TRASH Ultimo Aggiornamento: 29/01/2007
ilverofettina
(sconsigliato da leggere ai deboli di stomaco )
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LA RISPOSTA PULP DEL MIO STOMACO
Ero qui seduto sulla scrivania a leggere la Repubblica gustandomi un caffè risveglia zombi e sfumacchiandomi una Gauloise Rossa. quasi una circolarità di perfezione.
ma si sa le circolarità girano girano ed io m’ero fumato sulle trenta paglie e sulle dieci canne la sera prima. i miei bronchi imploravano un nuovo periodo yuppie in cui si fumava di meno e s’inchiodava di più – sicuramente il cazzeggio era l’unico punto di contatto con adesso.
sarà… stavo leggendo un articolo su un nuovo libro Pulp adeguatamente ricoperto di merda dal critico (a torto o a ragione non so – non avendolo letto) mentre sentivo la presenza di un metro cubo di catarro che disposto in maniera longitudinale trovava la sua sede al centro dei polmoni (a destra del cuore ed alimentato continuamente – anche ora – mi sa che devo andare a cagare) e si diramava ancora più contorto delle autostrade arancioni verso due caselli nevralgici: l’avangola (scusate ma non sono dottore) e l’avanstomaco.
E’ un po’ di tempo – da quando la famiglia di gauloises s’è moltiplicata da venti a trenta unità – in strana e casuale coincidenza con l’avvento di esami portatori di nonvita – che dopo la prima sigaretta il mio amico catarro sale su di corsa fino ai limiti della gola implorante di esser proiettato sull’asfalto fuori la finestra.
Fatto sta che per esaudire i suoi desideri devo produrre un movimento coitoglottide simile ad un preconato. ma ogni mattina tutto liscio, trenta secondi un minuto di leggera sofferenza con gli occhi lucidi e lo stomaco in allenamento per corse folli verso il bagno e nulla più. ma oggi purtroppo non è ogni mattina – dopo la sconfitta in finale di Coppa Campioni l’Offerta di Joints è raddoppiata fino a farmi penetrare in uno stato allucinatorio stile Mushroom – e il blocco di cemento-catarro è piuttosto insistente – lo stomaco piuttosto debilitato – dopo la sconfitta ho tentato un suicidio veniale col cibo – in ordine cronologico: due litri di succo d’arancia, toast, panino al pollo, cheeseburger, gelato con cioccolato e arachidi da McD, pasta (orrenda) alla crema(?), Galak (tabù infantile), altro gelato tutto panna (eccezionale, ma un po’…come dire… pesante), Ritter Sport ai cornflakes, coca (cola), birra – ed io che pensavo di digerire il tutto masticando un chewing gum all’alba delle tre del mattino. Aggiungete a questo Supermarket divorato in meno di cinque ore un fisico da disabile pensionato ed il cocktail esplosivo (vomitativo oserei dire) è perfetto.
Il catarro pressa – spinge – sente l’odore del sangue, sembra impazzito – una bestia inferocita.
Tento di aiutarlo ma ahimè anche lo stomaco è occupato dallo stesso nemico ed oggi sembra meno disposto a ballare soltanto – per qualche secondo – per poi tornare nei suoi ranghi.
Mi accorgo che in effetti mi vien da vomitare, vado verso il bagno, Wilmur mi saluta (Passo – rispondo) ma niente. tre quattro lacrime – sette otto sputi – la vita del caffè sembrava salva.
Torno in camera indeciso d’indecisione – mmm vorrei scrivere… ma cosa ? – leggere ?? mmm son troppo fumato – uscire ? mmm piove – una canna ? mmm vorrei studiare – verso sera …mmm che faccio… zac! lo stoma co mi lancia un’ idea.
Non c’ho un cazzo da fare – vomito!
In effetti la rivoluzione dello stomaco (oramai trasferitosi in pianta stabile ai tempi del ’77 – senza dimenticare il trentennale del ’68) ripercorre le linee degli studenti di Giakarta: distruzione totale.
Mi affaccio per respirare la dolce aria fresca di un mattino estivo bagnato da quattro gocce di pioggia e splash! il caffè vuol constatare in prima persona l’odore penetrante della pioggia sull’asfalto e si lancia dalla mia bocca oltre le inferriate nemiche della mia vista sul mondo.
Una poltiglia marrone – sembra la diarrea di cinque minuti fa ma dall’odore migliore – si schianta sul marciapiede. un colore un po’ più chiaro del caffè – forse è vero che ci metto troppo zucchero.
uno a zero.
Laq partita non finisce qui. due a zero, tre azero, con gli ultimi sorsetti di lavazza trasformatisi in materiale radioattivo spaventa-donzelle ed una conclusione stellare degna del miglior Buko.
Contemporanea pendenza del catarro dal naso e dalla bocca – sospeso – ancora attaccato con un ottile cordone ombelicale alla mia laringe contieni-feto – sembrava stesse per dire “Vedi, sono qua. nasco dalle sigarette, dalle canne; la mattina – dopo una notte passata a riposare nelle tue ottuse vie respiratorie – voglio uscire e se qualcuno me lo impedisce m’inkazzo, organizzo una minirivoluzione e spingo fuori tutto quello che mi è davanti fino a che non posso vedere la luce, salutarti, tagliare il cordone e tuffarmi nel vento come Patrìk (DeGayardon)”.
E così fu. ci fissiamo. mi saluta e si lancia nel vuoto per tuffarsi in quel mare di fango-caffè.
Lo osservo e liberato dalle incombenze prendo la penna in mano, mi accedno una sigaretta e mi preparo psicologicamente per domattina.
per oggi è andata.
“mi sembra di averti già incontrato, forse nei miei sogni”.
“non dovresti frequentar certi posti”.
Dorothy Laour e Bob Hope ne “I cercatori d’oro” di Hal Walker(1946)
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Hai fatto tornare tutti...ci siamo tutti a salutarti... Ciao Fet.