Non si può cacciare Pilla
16/11/2007 09:40
Sabatini vorrebbe esonerarlo, ma il mercato non offre alternative
- Corriere di Bologna -
«Dalla barca che affonda non scende nessuno» è, a spanne, il fermo diktat espresso da Claudio Sabatini, infastidito dall'atteggiamento dei suoi e alle prese con la gestione d'una complessa crisi. Ieri, all'atteso vernissage dell'accordo Virtus- Nokia (che cablerà il PalaMalaguti, per inviare gratis ai telefonini dei tifosi statistiche e foto in tempo reale), il patron, sospettosamente ilare, ha fatto il punto, dal quale emerge netta l'impressione che la Virtus sia dentro uno spigoloso cul de sac.
«La panchina di Pillastrini non traballa, è di cemento armato: anche se ne perdesse venti in fila, resterebbe». Ovvero: sta deludendo, ma il mercato non offre nulla di meglio (ieri s'è liberato Frates dalla Fortitudo ed è osservato da Varese e Caserta) e soprattutto i giocatori non credano di nascondersi dietro l'alibi dell'allenatore. Ci sono, anche, tutte le avvisaglie d'una contestazione e un'altra gara interna non aiuta. Poi: «È il momento di lavorare, da qui non va via nessuno. Potrei cedere tre giocatori e incassare un milione ma l'organico è ottimo, deve solo connettersi e sgobbare». Ergo, scordatevi di giocar male per finire sul mercato. Stamattina alle 8 c'è il primo allenamento ad orario punitivo (provvedimento medesimo prese lo scorso anno Martinelli in Fortitudo), comunicato ai giocatori in serata, dopo il confronto voluto da Sabatini in palestra. E se l'antifona non sarà recepita (cioè se si perde anche con Udine), in cantiere c'è il ritiro sui monti, a Sestola. Dulcis in fundo: «Queste facce non mi piacciono, ma non parlo solo degli americani. L'alley hoop di Anderson è stato il punto più basso: i funamboli facciamoli sul +20». Quindi sferzata anche sugli atteggiamenti insofferenti e apatici.
Pillastrini, dunque, ringraziato da Sabatini «per aver messo a disposizione il mandato», resta in sella. E dopo una serie d'improvvide uscite mediatiche, gli è stata risparmiata la raffica di domande dopo il disastro. Da lavorare ne ha, avendo per le mani una squadra che in due mesi è addirittura peggiorata. Dalla difesa indegna – salti sulle finte, uscite a un metro dal tiratore, uno contro uno contenuti come cartavelina – all'attacco disorganizzato che si ferma al primo passaggio nelle mani d'insigni accentratori – e qui Conroy, fin troppo «dimesso », non c'entra – il sentore è che, più delle sconfitte, bruci la sensazione di non vedere la fine del tunnel. Il «come» uscirne, resta il busillis. «Pillastrini non è uno sprovveduto, sono sicuro che saprà risollevare la squadra» è il monito/auspicio del patron. Che mette ufficialmente fuori Conroy – «Non fischiatelo, stiamo già cercando un play» – e apre le caotiche danze sul perimetro: la Virtus ha già contattato tutti per qualsiasi giocatore, dal califfo alla riserva della riserva, l'intenzione è di non spendere il visto (in Usa, in vetrina ci sono ancora Barrett e McLeod) ma d'inserire, oltre a McGrath, un play più produttivo. La squadra però sembra affollata in zona guardie-ali e poco preparata (anche a selezionare le opzioni offensive), certo non bisognosa dell'ennesimo solista, magari scartato da un altro club alle strette, se il problema riscontrato è «girare la palla»: in ogni caso, la bacchetta magica non l'ha nessuno. E oggi, agli abbonati «traditi» sarà comunicato come poter reclamare a Neos Banca il rimborso della tessera.
Daniele Labanti
Il disagio degli americani "Gli altri sono più organizzati"
16/11/2007 09:32
Anderson attacca: "Difficile iniziare a giocare quando sei indietro di 20 punti"
- La Repubblica -
INTENTI a modulare il loro personalissimo stato d´animo, tra quello rabbioso che si morde la lingua, quello apparentemente abbattuto, un terzo realmente malinconico, e un ultimo perennemente fiero, ma senza soluzioni pronte all´uso, i Quattro dell´Ave Maria - Dewarick Spencer, Alan Anderson, Will Conroy e Delonte Holland – siedono sulle panche di legno, ancora in divisa, quando s´aprono le porte dello spogliatoio, ringraziando il regolamento di Eurolega che permette di avvicinarli, a differenza del tran-tran settimanale. Scelti per guidare la Virtus,
sono tutti in confusione. Conroy ha già pagato, ma quel che filtra è l´insoddisfazione. Per il sistema o cos´altro, provano a dirlo loro, dopo sibili, intemperanze e "facce" (Sabatini dixit) degli ultimi tempi. Ma la frattura è chiara: e se il patron conferma il tecnico, toccherà a loro adeguarsi. Volendo.
«Se dico quel che vorrei dire potrei causare delle polemiche, quindi non lo faccio», dice Dewarick Spencer. «Io sono un giocatore, lascio al coach e alla dirigenza la ricerca di un rimedio, che è quello di cui abbiamo bisogno. Problemi di roster? No no no, assolutamente. Noi abbiamo una squadra da Eurolega. Solo che non stiamo giocando assieme. E´ un momento in cui non abbiamo fiducia». Quando smette di parlare, e si mette a gingillare col telefonino, continua ad ascoltare gli altri suoi compagni. Spencer corregge pure Anderson, quando l´ala dice: «E´ una situazione contagiosa. Una volta che perdi cinque partite di fila ("Sei!", gli lancia Dee, ndr), è come se non avessi nemmeno più il feeling con la vittoria. Ci scaviamo le buche da soli, ogni volta, ed è difficile iniziare a giocare solo quando sei sotto di 20 a 5´ dalla fine». E se qualcosa non andasse nel sistema? «Ehm…». Silenzio cinque secondi. «No, non voglio entrare nel discorso. Cerco solo di giocare più duro e fare qualsiasi cosa per vincere una partita. Se parliamo di talento, possiamo battere ogni squadra. Ma ogni squadra si conosce più di noi, e gioca meglio».
La testa di Anderson scossa. E´ immobile, invece, quella di Will Conroy, forse già cosciente della sua ultima notte. «Il nostro sistema? Non so. Io sono il playmaker, sono come l´allenatore in campo. E devo credere nel sistema e in quello che il coach vuole che io faccia. E´ dura, davvero, e avete anche visto che è venuta meno gente alla partita. Chi c´era voleva vederci in buone condizioni, e per questo sono dispiaciuto. E´ questione di fiducia, basterebbe una vittoria, anche di mezzo punto…».
A parole non se ne esce. Pare dirlo anche Holland, il più nero tra i neri. «E´ durissima. L´unica cosa che conta è stare insieme, non puntare il dito contro qualcuno. Dobbiamo stare insieme e giocare una fuckin´ defense (una c… di difesa, ndr). Tutti potrebbero segnarci 20 punti, è incredibile. Anzi, imbarazzante. Il sistema? Ma non lo so. Un conto è il talento che abbiamo, un altro è giocare insieme e difendere. Io sono il primo a guardarmi allo specchio, e so che sono qui da tre anni, e che cerco di migliorare la mia selezione di tiri, cerco di fare un passaggio in più, cerco di andare a rimbalzo. Io so quel che bisogna fare. E di certo bisogna fare qualcosa di diverso».
(marco martelli)
Allora è abbastanza chiaro.
Stanno giocando contro.