Salvatore Lanna in conferenza stampa

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mibo239
00venerdì 29 gennaio 2010 00:18
(Marco M.)
00giovedì 11 febbraio 2010 00:09
Lanna, umilmente intoccabile
"Io non mi arrendo mai"
di Francesco Saverio Intorcia
Nella politica della pedata, Lanna è come Andreotti: lo danno per finito da un pezzo, ma intanto continua a seppellirli tutti.

L'ultimo, metaforicamente, è Bombardini, emigrato per disperazione: non giocava più. E se Baraldi alla lavagna mostra le alternative di Colomba, c'è un solo uomo insostituibile, indovinate chi. Il Salvatore cacciato dal paradiso c'è rimasto in estate a dispetto del Papa e ha atteso l'ora: Bologna-Chievo 0-2. «Papadopulo in sala stampa si lamentò di non avere terzini - ricorda Lanna - , fu una frase infelice. Rispettosamente, gli feci notare che non avevo cambiato mestiere: le 250 in A le avevo giocate proprio lì». Ricordati di me, già: s'è preso la poltrona e non s'è più alzato, senatore a vita della difesa, scalatore di una montagna di pregiudizi. Contro il Milan ha indossato la fascia dopo l'uscita di Di Vaio: prima, aveva fermato Mancini e Beckham, gente che doveva dargli la paga.

«Sapevo di essere l'ultimo della squadra, ma non mi arrendo mai. Ci metto la passione, raddoppio le forze quando tutti vogliono buttarmi giù dalla torre.

Se c'era ostilità nei miei confronti, non dipendeva dai tifosi del Bologna: è che da quando ho superato i trenta, nell'ambiente mi danno per finito. A volte sbaglio, certo: penso alla Samp, lì ero in difficoltà. Ma non siamo macchine: siamo persone, viviamo di emozioni, di alti e di bassi». Per arrivare da Carpi a Bologna ci ha messo sedici anni, passando da Reggio Calabria, Verona e Torino, neanche avesse il Tom Tom rotto. Cresciuto al quartiere Cibeno, giocava attaccante nella Virtus e tifava Napoli. Normale, a casa sua: papà Antonio è di Caivano, mamma Maria di Quindici, Avellino. Il primo provino lo fece col Bologna: fu scartato. Andò alla Reggina (esordio in C a 18 anni), tornò a casa, incontrò il destino in amichevole contro il Chievo. «Mi scelse Malesani, un maestro.


Quello a cui devo di più, però, è Del Neri: portò al Chievo la mentalità da grande squadra. M'insegnò a inserirmi nei meccanismi globali. Pensavamo che giocare in quel modo fosse folle, invece aveva ragione lui». A Verona scelse il 23: il club assegnò i numeri in un'asta benefica, lui prese il meno costoso, 100 mila lire. Ronaldo invece gli regalò la maglia nell'anno in cui Del Neri sbancò San Siro. «Lasciai il Chievo dopo la retrocessione: scelsi con la testa, non con i sentimenti, volevo capire il mondo fuori dall'isola felice, Campedelli incassava un milione dal Toro e aveva già in squadra il mio sostituto. Non fui capito: al Bentegodi sono tornato solo due settimane fa, me ne hanno dette di tutti i colori». Per ora non pensa di smettere: «Sono in scadenza, ma è uno stimolo in più». Un giorno farà l'allenatore, ci spera: il futuro gliel'ha letto proprio Papadopulo. Forse sperava di convincerlo a cominciare subito.

Dicono sia scarso, non è così: Lanna è diversamente bravo. E' il vicino di casa: campione nella sua normalità, umano quando sbaglia, buon piede e tanta forza d'animo, antieroe contro i fenomeni. Perché tutti sogniamo di essere Di Vaio, ma nella realtà siamo tutti un po' Lanna, con le imprecisioni e l'orgoglio per riscattarci. Ragionere con 50/60, la facoltà di Economia abbandonata subito, i libri di sport e psicologia sul comodino, la sua Bologna è fatta di tortellini in brodo e di lunghe passeggiate in centro, dove lavora Liana: la sposerà il 26 giugno a Verona. La data la fissò il giorno prima di parlare col Papa, dopo quel Bologna-Chievo. Pensando che a gennaio sarebbe potuto andare in B. Invece c'era tutta un'altra storia. E doveva ancora cominciare.

(10 febbraio 2010)
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