Non solo in Cina la politica contro il motomondiale

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GRA1973
00sabato 19 aprile 2008 14:08

Non si sa come andrà a finire dopo la “ventilata” minaccia del governo cinese di proibire la partecipazione al GP di Shangai del prossimo 4 maggio a moto e piloti color … arancione: un richiamo alle tuniche dei monaci tibetani, assolutamente inaccettabile per il regime di Pechino. La Ktm, arancione fino all’ultimo bullone, sta sul chi vive. Ma c’è tensione in tutto l’ambiente del motomondiale.

Soprattutto dopo l’ipotesi lanciata all’Estoril da Loris Capirossi a nome dei piloti MotoGp di “fare qualcosa” il 4 maggio, in appoggio alle proteste dei monaci buddisti e del popolo tibetano. Vedremo se il nodo si allenterà, com’è auspicabile, o se invece si stringerà con conseguenze imprevedibili sotto l’aspetto sportivo e sotto quello politico e diplomatico.

E’ la politica, bellezza! Che sull’altare delle proprie esigenze (leggi volontà di non cedere il potere) vuole piegare tutto e tutti ai propri disegni egemonici. E in tutto ciò, che c’entra il motociclismo? Già, che c’entra? Diciamo che è … coinvolto (travolto?), suo malgrado, da una situazione di cui non porta alcuna responsabilità.

Ma non è la prima volta che il nostro sport si trova dentro una bega di natura politica. Nel 1962 la MZ, Casa della Germania Orientale (erano i tempi della “guerra fredda” e del muro di Berlino), aveva deciso di prendere parte al campionato del Mondo con le sue sibilanti monocilindriche 125 e 250 bicilindriche a disco rotante raffreddate ad acqua (sì, questi sono i motori che hanno poi fatto scuola al mondo intero!…). Erano moto tecnologicamente molto avanzate, le uniche in grado di fermare l’avanzata delle Marche del Sol Levante comparse nel motomondiale solo l’anno precedente.

Ma ci fu il veto politico insormontabile. Tutte le nazioni aderenti alla NATO (il patto militare occidentale fra Usa e Europa democratica), Italia compresa, proibirono l’ingresso delle moto tedesche nei Paesi occidentali (quindi nei circuiti), privando il mondiale di un grande motivo di interesse tecnico e agonistico. Soprattutto falciando ogni speranza della MZ. Solo nel Gran Premio di casa, al Sachsenring (quello di 8.730 metri), le moto dell’Ing Kaeden (è lui il padre dei moderni motori - che poi tutti copiarono! - due tempi da competizione) poterono gareggiare sfiorando la vittoria nella 125 con l’inesperto Fischer e giungendo secondo ( a soli due decimi!) nella 250 con il giovane Mike Hailwood che per la prima volta impegnò le dominanti Honda quattro cilindri 4 tempi di Redman e Phillis.

Le moto di Zschopau, quell’anno si rivedranno in pista solo al GP di Svezia, a Tampere, “obbligate” a correre solo con piloti tedeschi e privandosi dell’apporto di campioni come Gary Hocking e Mike Hailwood. Dopo sprazzi vincenti con moto affidate ad Hailwood e a Shepeherd, ci vorranno ben 10 anni per rivedere le Mz in lotta per il titolo mondiale 250 e 350 (contro i colossi giapponesi e la Aermacchi-Harley Davidson e le nostre Mv Agusta e Benelli) con grandi squadroni e un italiano pilota di punta, il pesarese Silvio Grassetti che perse per un soffio e per jella il mondiale 1972 (contro Saarinen, Read, Pasolini, Sheene, Lansivuori, Villa, Duff).

La politica colpirà ancora nel 1963. A pagare, tocca stavolta a Tarquinio Provini e alla bolognese Morini. Il binomio italiano è in testa al mondiale della 250. A metà stagione è l’ora del GP della Germania Est. Da Bologna partono con la vittoria … in tasca. Ma alla frontiera con la Cecoslovacchia c’è l’alt. Non viene concesso al team e a Provini il visto per entrare poi in Germania orientale. Dietrofront. E Provini, senza il punteggio di quella gara, fu costretto a gettare al vento un titolo mondiale.

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