L'inferno

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(Massoud)
00mercoledì 24 novembre 2010 21:18
Porcedda, Colomba, Francesca e Renzo Menarini
MERCOLEDÌ 24 NOVEMBRE 2010

TIRA MOLLA
Inferno

Facciamo così. Prima parliamo della partita di domenica scorsa, che ci metto poco, poi andiamo sul resto.Dunque, Napoli-Bologna. 4 a 1. Ed è di gran lunga la cosa migliore di questi giorni, tanto per dare l’idea. Il Bologna va a Napoli in piena tempesta, coi giocatori senza stipendio, il banco saltato, la concreta paura di fallire a brevissimo. E i punti di penalizzazione già virtualmente in groppa. I tifosi si stringono attorno alla squadra, e fanno bene. Ma servirà? Che effetto avrà tutto questo sui calciatori? Nessuno, sentenzia un mio amico. Vedrai, giocheranno sereni.
Infatti. Dopo 2 minuti c’è un calcio d’angolo del Napoli, cross in mezzo, dal labiale di Garics si capisce perfettamente la frase “Vè come sono sereno, problemi zero”. Alle sue spalle Maggio, che probabilmente non è sereno, ma salta, la inzucca dentro.
Dopo in effetti il Bologna un po’ ci prova, ma poi parte un pallone lungo, alto, Britos anticipa Cavani in rovesciata urlando “Se non mi pagano gioco meglio!” La palla resta lì, allora il nostro centrale va di nuovo in sforbiciata e stavolta grida “Son concentratissimo!” Cavani prende la palla, la mette in mezzo, Hamsik tira, Garics, serenamente, la devia in gol.
Nel secondo tempo entrano Meggiorini e Siligardi. Per dare la scossa. Due minuti, angolo per il Napoli, rasoterra, 2 passaggi in piena area, la nostra difesa osserva con un certo interesse l’azione degli avversari, poi Rubin dice “Tranquilli, che io ho fiducia in Porcedda”, Hamsik, dietro di lui, sulla fiducia insacca. I cinni danno la scossa, in effetti, giocano benino, e facciamo pure il 3 a 1 con Meggiorini. Poi il Napoli spinge di nuovo un po’, Buscè lascia andare sul fondo Sosa perché l’irpef non conta, palla in mezzo, Britos urla “Ma l’avete capito o no che a noi sta situazione non fa né caldo né freddo”, sottolinea il concetto facendo un inchino, e Cavani bolla.
Finisce 4 a 1, con la netta sensazione che i problemi societari mai incideranno sulle prestazioni.

E allora, affrontiamoli, sti problemi societari.
Non sto a fare il riassunto, che se leggete queste righe la storia la sapete già. Degli stipendi non pagati, della fuga dai Carabinieri di Porcedda, della conferenza dei Menarini, della Procura, del deferimento, del fallimento dietro l’angolo, delle ore passate a Casteldebole in attesa di una cazzo di risposta che non arriva. E pure dello spiraglio che si apre in queste ore, che sia grazie a Consorte, a Cazzola, a Sabatini, o a Maga Magò.
Quindi, stavolta, volo alto. Io che appartengo alla parte sana del Bologna, scusate l’immodestia, quella vera, cioè la tifoseria, umiliata, tradita, presa per i fondelli, volo altissimo. E mi rifaccio a un tale che circa 700 anni fa scrisse una cosuccia che chiamò Commedia, sputtanando tutti i suoi contemporanei e non solo, mettendoli, spesso anzitempo, all’Inferno. E che fra l’altro, nel suo peregrinar tra le anime dannate, si sia fatto accompagnare da Virgilio, ma soprattutto che lo chiami continuamente Duca, qualcosina di profetico e inquietante, io ce la vedo. Fate voi…
Per parafrasare il Sommo, mi concentrerò sui 4 protagonisti più meritevoli dei gironi, dei cerchi e delle malebolge dantesche. Quattro che all’Inferno, a mio insindacabile giudizio, sguazzerebbero proprio.
Menarini padre. Menarini figlia. Porcedda Sergio. Colomba Franco.
Si offenderanno? Bè, io sono già offeso. Molto.


Iniziamo dal Sardo, da Porcedda, quello che riesce a mentire sempre, quello che ride anche con la merda fino al collo. Per quelli come lui, per coloro che fanno i ruffiani, che seducono un’intera popolazione (o tifoseria), che raccontano boiate credibili e ti fregano, l’imbuto dell’Inferno ha una precisa posizione. Ottavo cerchio, Prima Bolgia, canto XVIII.
Qui stanno, appunto, i ruffiani e i seduttori, e passano l’eternità correndo in tondo, sferzati dai demoni.
Dunque, parafrasando il sacro testo…

“Luogo è in inferno detto Casteldebolge,
tutto di pietra di color ferrigno,
come la iazza che dintorno il volge.

Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un Sardo assai stronzo e immondo,
di cui suo loco dicerò l'ordigno.

[…]

Di qua, di là, su per la rotonda
vidi demon cornuti con gran ferze,
che li battien crudelmente la chiappa tonda.

Ayo’ come facean lor levar le tende
a le prime percosse! già Porcedda
dicea che adesso, mo vè, lui vende.

[…]

E quel frustato celar si credette
bassando 'l viso; ma poco li valse,
ch'io dissi: «O tu che l'occhio a terra gette,

se le fideiussion che porti son di certo false,
Porcedda se' tu, c’at gnes un azidant,
Ma che ti mena a sì buffe farse?».

[…]

«E non pur io qui piango bolognese;
che questo luogo n’è tanto pieno,
e tante truffe son ora apprese

a dicer “Pago” tra Sàvena e Reno;
e se di ciò vuoi fede o testimonio,
quanto per lo fondello io vi meno». “
Eccetera…


Passo allora a Colomba. Il bravo, mite, tenero, mai grasso, ideale per ogni alimentazione, pio, devoto, umile, bolognesissimo Colomba. Onesto, lo è sempre stato, lo sappiamo dal 1980, no? Solo, si sperava in un pizzico più di decenza, di passione per la maglia a cui deve tutto. E invece, lui che ci ama da matti, è l’unico che ha fatto partire un’ingiunzione di pagamento, l’unico, di fatto, a provare fattivamente di far fallire il BFC. Io, anche qui inequivocabilmente, il posto gliel’ho trovato d’istinto. Si scende, terz’ultimo piano dell’inferno signori, l’Antenora, il luogo dei traditori della patria, che stanno immersi nel ghiaccio col viso rivolto in alto, canti XXXII e XXXIII.
Procediamo dunque a bolognesizzare il testo…

“E come a gracidar si sta la rana
col muso fuor de l'acqua, oh povero Bologna
ei fa con te sovente come fa puttana;

livide, insin là dove appar vergogna
eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia,
e me parevan più Colomba che cicogna.

[…]

E un ch'avea perduti ambo li orecchi
per la freddura, pur col viso a me rivolto,
disse: «Perché cotanto in noi ti specchi?

Se vuoi saper s’io in vita fui stolto,
da Grosseto vengo e spesso scommetto
precedetti l’ebbro Alberto e chiesi lo che mi fu tolto».

[…]

«E perché non mi metti in più sermoni,
sappi ch'i' fu' come il fiorentin de' Pazzi;
e aspetto Carlin che mi scagioni».

Poscia vid'io mill’altri testin de cazzi
fatti per freddo; che vien ribrezzo.
”Traditor”, diss’io, tu c’alla Snai ci sguazzi.

[…]

Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste?
se tu non vieni a cercar vendette
de lo fallimento, perché mi moleste?».

E io: «Mister mio, va far de le pugnette,
si io avea ancor de’dubbi su la Colomba;
or so che teco sempre stemmo a chiappe strette».”
E via andare…


Infine, i Menarini. Le Brave Persone che molto episcopalmente si sono martirizzati per Bologna, a sentir loro. Alla fine, il tempo è galantuomo. E ti fa tana. Il diavolo, spesso, assume il volto dell’agnellino mite per fregarci. E credo stia tutta qui la verità. Il bilancio di Cogei, del proprio portafoglio, era l’unico bene da salvaguardare. Usando il Bologna, la nostra passione, come una qualsiasi societucola funzionale ai loro disegni. Su questo, Dante non ha dubbi, e non ne ho nemmeno io. Chi tradisce i benefattori, e per accezione estesa, coloro che si danno solo per amore, per esempio chi tifa Bologna, ha un unico posto dove può stare. Proprio in fondo all’Inferno, nella Giudecca, completamente ghiacciati, insieme a Bruto, Cassio, Giuda e con Lucifero che li maciulla. Canto XXXIV.
Infatti…

“Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand'io vidi due facce a la sua testa!
L'una dinanzi, con la Monclair vermiglia;

L’altro anzian con il bottin de la sua festa
sovr’essi di Cogei l’insegna,
ma or la devean abbassar la loro cresta,

[…]

«Quell'anima anziana c' ha maggior pena»,
udii nell’aere, «è come Giuda Scarïotto,
che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena.

L’altra invece è la figliola del signorotto,
sempre lo foulard viola ella porta al collo:
dic’ella “Ecco”, ma ha fatto il botto!»;

[…]

Io levai li occhi e credetti vedere
Lucifero com'io l'avea lasciato,
da capostazion la paletta in sù tenere;

e s'io divenni allora travagliato,
la gente crede a quel che vede
fin a quel punto, il Bologna han sprofondato.

[…]

E se or’ sotto la verità son giunto
ch'è contraposta a quel che dice la Gran Secca
de Brave Persone, lo scroto mio s’è consunto

com’ogne tifoso che visse sanza pecca;
Menarinis che visser a le nostre spalle
ora stanno, e c’ho gusto, in fondo a la Giudecca.”

Fine. Speriamo.


Cosa pensare adesso? Bè, sperare, come sempre. Come Dante. Magari un giorno e per sempre potremo dire:
“E quindi uscimmo a riveder le stelle.”
(Massoud)
00mercoledì 24 novembre 2010 21:20
Scusate, l'articolo è di Molla, tratto da Bologna Soccer.
Gavilan93
00mercoledì 24 novembre 2010 23:32
Davvero bello questo articolo. Niente che dire. E le critiche sono giuste. Il solo fatto che mi da i nervi, è che alla fine quelli che ci rimettono siamo noi. Perchè Porcedda o i Menarini, che non hanno soldi, di certo non muoriranno di fame, e del Bologna non gliene importa niente, e quindi non soffriranno.
E allora aggiungo una cosa letteraria, dato che siamo in tema di cultura: Manzoni suggerisce di aggrapparsi alla Provvidenza, alla fede in Dio, nella fortuna; nel nostro caso, molta fortuna.
Spero tanto che potremo riuscire a veder le stelle, ma mi accontenterei anche di vedere il cielo blu, perchè al momento vedo solo nuvole nere.
Se tutto dovesse andare per il verso giusto, potremo tirare un sospirone di sollievo...lo squadrone che un tempo faceva tremare il mondo, adesso trema da solo.
Provvidenza uguale Dio, Dio uguale Salvatore. Salvatore uguale, speriamo di poterlo dire, al prossimo presidente del Bologna Calcio, colui che dovrà risanare i debiti e ripristinare la tranquillità nell'ambiente rossoblù, cosa da fare il prima possibile, altrimenti rischiamo veramente di cadere in basso. Chiudo riprendendo la riflessione di Dante riguardo la speranza e lo sperare: finchè c'è vita c'è speranza. Il Bologna per ora è vivo e può sperare. Anche noi lo siamo, e spereremo col Bologna. Solo mi dispiace dire una cosa: Chi visse sperando, morì caga... Speriamo allora nel buon cuore dei bolognesi, che si mettino una mano sul cuore e sentino il richiamo della squadra che rappresenta una città gloriosa, decidendo di salvarci, come un animale in via d'estinzione. Il cuore non mente...speriamo.
spalato79
00mercoledì 24 novembre 2010 23:58
Io non li butterei nel inferno,

basterebbe mandarli al ghetto Los Angeles con
le maglie "I hate niggers", come Bruce Willis fece
nel "Die hard". [SM=g1688266]
Alessandroc73
00giovedì 25 novembre 2010 22:40
Nulla da ridire sull'articolo di Paolo ( Molla ) d'altronde è sempre stato bravo a scrivere anche a scuola :-)
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