Il Poz: «Jenkins è un fenomeno Conroy non fa canestro»

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Wadi
00mercoledì 10 ottobre 2007 10:03


10/10/2007 09:27
Pozzecco: assemblateli e avrete il giocatore perfetto

- Corriere di Bologna -

Uno vola, inciampa, si rialza e sprinta, regalando alla Fortitudo due vittorie in rimonta. L'altro è spaesato, intimidito, alla ricerca dell'equilibrio mentre la Virtus viene travolta in casa. Le due facce del giorno, a Basket City, sono Horace Jenkins e Will Conroy. I due play, i due nomi che al momento, in campo, fanno la differenza. E se Orazio s'è impossessato subito della squadra, mostrandosi in tutto il repertorio — irritanti alti e bassi, dirompenti cavalcate vincenti — Will sembra ancora un oggetto misterioso, al quale Pillastrini ha concesso fiducia ma non più disposto a perdere ancora, per «fare esperienza».
È il dibattito del giorno, a Bologna. Non v'è dubbio che le accelerazioni di Jenkins (11 punti nell'ultimo periodo contro Teramo, 12 a Montegranaro) siano state il fattore delle vittorie biancoblù, almeno quanto le incertezze di Conroy (0/12 dal campo e 12 palle perse in due gare) siano state una fonte dei problemi bianconeri. Ma sarebbe troppo facile, oggi, dire che uno è un fenomeno e l'altro scarso. «Infatti, in realtà mescolando Jenkins e Conroy avremmo il play perfetto», parole di Gianmarco Pozzecco da Capo d'Orlando, che Conroy l'ha visto da vicino e Jenkins lo conosce bene. «Ci vuol calma con Will — prosegue il Poz — perché è giovane. M'ha fatto un'impressione strana, non guarda mai il ferro, non attacca. Però deve riuscire a capire la Virtus, e non è facile. Può darsi che si sblocchi, presto capirà che la zona va attaccata e non basta guardarla. La palla sa passarla molto bene». Fa eco, insomma, al chiodo fisso nei pensieri di Pilla, che il suo play ancora lo conosce poco, e si domanda, quasi retoricamente, «se Conroy può mai essere questo».
Jenkins è tutt'altro. Istrionico, plateale, Orazio non può non piacere al Poz che ama quest'intenso rapporto con il gioco, il campo e l'emozione. «Come persona, l'adoro. Lui arrivò a Roma dopo un'esperienza da 40 punti di media a Novara e ho subito pensato che avevano preso un fenomeno. Signori, parliamo di un giocatore di grande livello. Poi ha avuto una storia strana, ha iniziato tardi, ma è fortissimo. Quand'era a Roma e c'erano tutti quei nomi famosi, era difficile far girare sempre le cose al meglio. Un giorno gli dissi "fregatene di Myers e di quello che ti dicono, gioca come sai" e lui l'ha fatto. Era fondamentale in quella squadra».
Il connubio con Mazzon, che l'ha scelto, è stato vellutato da subito. Facile, ora, vederne le quotazioni impennate, dopo che ha vinto due gare. «Sì — prosegue Poz — ma vedete che gambe c'ha?
Una velocità pazzesca, va via a tutti in uno contro uno e nella serata in cui gli entra il tiro da fuori è devastante. Se gli dai fiducia, domina. Quell'altro, Conroy, è più controllato. Magari se li mettessimo assieme otterremmo un fenomeno, ma adesso Horace è molto più avanti».
Ora che tutto sembra rosa, Jenkins dovrà dimostrarsi affidabile e la Fortitudo non così dipendente dai suoi guizzi. Nell'altra trincea, Conroy ha un esamone: Pilla ha sacrificato la gara con Biella per svezzarlo, ad Avellino non si ripeterà. O Will fa la voce grossa, o dovrà accettare di stare a guardare.
Daniele Labanti

SashaLoZar
00mercoledì 10 ottobre 2007 12:01
Ci mancava l'illustre parere del deficiente.
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