Doping, querele, sciopero: via al mondiale di ciclismo

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|=Valentino=|
00domenica 30 settembre 2007 12:06




Tassativamente escluso che sia un campionato del mondo serio e attendibile, bisogna mettersi solo d’accordo su come chiamarlo. Forse, è il Mondiale di tante cose assieme. Tanto per cominciare, è il Mondiale delle torte in faccia. Tutti contro tutti. Nelle ultime ore, anche per bieche questioni di palanche: la Federazione internazionale è imbufalita con il comune di Stoccarda, che ha annunciato di non voler versare le somme pattuite al momento dell’assegnazione. In tutto, settecentomila euro. I tedeschi vorrebbero risparmiarsi il versamento per via del clima di sfacelo che - sostengono loro - la stessa Federazione mondiale non ha saputo evitare sulle questioni del doping. Festa rovinata, dicono, pagamento sospeso. Come nel deserto: tu non dai cammello, io non do tappeto. Uguale anche il livello.

Quanto al presidente dell’Uci, Pat McQuaid, alla vigilia della giornata clou di quest’oggi si segnala per una scoperta epocale: penso - dice con tono serio - che il problema numero uno del ciclismo attuale sia il doping. Bravino. Ha i suoi tempi, però ci arriva. Il ritardo è solo di dieci anni. Sulla questione del denaro, però, sembra molto più svelto: di fronte alle manovre dei tedeschi, il tono è furioso. Toccarlo su tutto, ma non sui soldi. Sui soldi, sembra quasi un presidente. La minaccia è già partita: se Stoccarda insisterà nel non saldare il debito, McQuaid è pronto a slegare la feroce muta degli avvocati. Anche lui.

Sono giornate di superlavoro, più che per i ciclisti, per la categoria dei legali. Anche Bettini dà mandato: querele per tutti. Querelata la solerte assessore Heismann, che gli ha dato dell’indesiderabile per non aver firmato la carta etica, quando invece risulta firmata, benché modificata, ma soprattutto querelata la tv ZDF, che ha spiattellato le rivelazioni esplosive dell’ex gregario Sinkewitz sull’uso di doping con lo stesso Bettini, rivelazioni però subito smentite dall’interessato.

È tutto fuorché una manifestazione sportiva. Mai la storia dello sport aveva proposto una spettacolo simile. È il Mondiale delle torte in faccia, del tutti contro tutti, delle carte bollate. Dovendo riassumere, forse la cosa migliore è definirlo Mondiale trash. La peggio spazzatura di tutte le spazzature sin qui raccontate, però, resta lo scandalo spagnolo. La nazione che ha ospitato il più grande scandalo di sempre, l’ormai mitologica Operacion Puerto, è qui in veste di nazione favorita, con tutti i suoi maggiori sospetti in squadra. Mentre Germania, Francia, Italia, mentre persino il Kazakistan sono presenti con formazioni falcidiate da inchieste e squalifiche, loro sono qui ineffabili e imperturbabili, senza pudore e senza vergogna, forti del primato di non aver mai aperto un’inchiesta interna. C’è persino Valverde, che in qualunque altra nazione avrebbe un bell’impegno per dimostrare di non corrispondere alla sigla «Valv-Piti», sapendo pure come il suo cane si chiami casualmente Piti. Nessun problema, è qui e può pure vincere. Tutto sommato, il Mondiale trash meriterebbe proprio il suo trionfo: così anche su quest’ennesimo evento potremmo tirare lo sciacquone.

Purtroppo, accanto allo scandalo spagnolo c’è una nota collaterale che lascia totalmente basiti. Ancora una volta riguarda noi e il nostro italianismo impiastro. Risulta che gli azzurri, assieme ai tedeschi innegabilmente maggiori vittime dell’ingiustizia spagnola, abbiano avviato trattative di gruppo per organizzare una protesta clamorosa proprio quest’oggi. Ipotizzato anche lo sciopero. E sin qui siamo abbastanza nella normalità di una situazione ormai completamente fuori controllo. La cosa più incredibile, e tutto sommato anche più esilarante, è che i nostri agit-prop azzurri abbiano cercato alleanze proprio con la nazionale più sfacciatamente favorita dall’ingiustizia di questi tempi. Esatto, con la Spagna. Inutile dire che Valverde e compagnia, strafelici e strasoddisfatti di essere qui senza aver mai pagato un minimo dazio agli scandali del doping, se ne sono guardati bene dall’allearsi per uno sciopero. Risultato: sommossa spenta sul nascere e italiani primi a braccia alzate. Nel Mondiale dei babbei.





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