Di Vaio re dei bomber:
"A me viene da ridere..."
Le altre resurrezioni, da Baggio a Signori. Ma anche le frustrazioni di tanti brocchi che annaspavano in area
di Emilio Marrese
Altro che viale, noi abbiamo lo Stradone del Tramonto. Quello che dal Maggiore porta a Casteldebole. Non sarà il Sunset Boulevard di Los Angeles, ma nemmeno il Colle della Guardia, in giornate di sole come quella di domenica, è da buttare.
Trentatré anni sono l´età giusta per una resurrezione. Marco Di Vaio li compirà a luglio e, per quella data, conta di aver scartato i regali: il titolo di capocannoniere e la chiamata in azzurro. Il primo obiettivo è alla sua portata, la convinzione cresce spulciando numeri al miele: 19 gol in 27 partite, uno ogni 130 minuti giocati, il suo record stagionale (20, con il Parma, nel 2001/02) pronto ad essere demolito, il traguardo delle 100 segnature in A che già si vede in fondo al rettilineo.
«Temo soprattutto Milito, per le occasioni che produce il Genoa», sospira Marco, decisivo più di Ibrahimovic: i suoi centri invece arrivano in una squadra sterile (30 gol, 13esimo attacco della A), che lotta per salvarsi e che, oltre a lui, non ha grandi realizzatori. Meno che mai in avanti, se il vice-cannoniere rossoblù è Volpi. Con la tripletta alla Samp, Di Vaio ha staccato nella classifica dei marcatori di A di tutti i tempi Valentino Mazzola, a detta di Boniperti fra i più grandi di sempre. Tra i giocatori in attività è all´undicesimo posto, ottavo fra gli italiani. Prima di lui ci sono Totti, Del Piero, Inzaghi, Vieri, Montella, Crespo, Sheva, Trezeguet, Gilardino e Amoruso, e solo quest´ultimo non ha mai giocato un Mondiale. Come Di Vaio.
L´altro traguardo, più duro, è quella maglia azzurra che ha perso nell´autunno del 2004, agli albori del primo governo Lippi. Marco era reduce dagli Europei col Trap, quando il biscotto fra Svezia e Danimarca costò l´eliminazione agli azzurri. Lippi, fresco d´insediamento, lo convocò per l´amichevole in Islanda e per il match di qualificazione in Slovenia: arrivarono due sconfitte. Il cammino, cominciato così male, finì, per tutti gli altri, con il trionfo di Berlino, ma dal tram per la gloria Di Vaio fu obbligato a scendere alla seconda fermata. E dire che Marcello lo aveva allenato nelle due stagioni precedenti alla Juve, ricevendo un contributo significativo (in due anni: uno scudetto e una finale di Champions) e mai una polemica, anche quando giocava poco.
Decisivo, in negativo, fu l´espatrio: Valencia prima e Monaco poi, per tornare nella polvere, segnare poco, finire presto dimenticato. Adesso i due si parlano a distanza, con biglietti d´amore che vai a vedere poi quanto siano sinceri: «So che il ct mi segue e già questo è importante, se poi mi chiamerà sarò l´uomo più felice del mondo», ripete l´attaccante.
«Di Vaio sta facendo benissimo dopo qualche anno non facile e sono contento per lui, ma alla fine io non posso chiamare 50 giocatori», ribatte Lippi, e sembra quasi un pugno in una carezza, a ricordargli che il tempo è scaduto. Marco sogna il Sudafrica, lui al Mondiale non c´è mai andato. Acerbo nel ´98, maturo nel 2002, quando i 20 gol a Parma non gli valsero il biglietto per l´Asia. Ora ci riprova: se segna così, va a finire che Lippi un posticino glielo trova. Se no pace. «Neanche io - ammette Marco - mi aspettavo di segnare così tanto».
(10 marzo 2009)