L'assessore regionale: «È razzismo gastronomico»
E Lucca vieta kebab e cous cous
Nuove norme: via dal centro i ristoranti con piatti «di etnia diversa»
LUCCA — Niente cous cous maghrebino. O pollo al curry made in India. Figuriamoci l'insalata di papaia del Togo. Qui si mangia e si serve italiano. Anzi, rigorosamente lucchese: minestra al farro, castagnaccio, torta co' becchi e via toscaneggiando. E se a qualche ristoratore venisse mai in mente, ma è sconsigliato, di presentare un menù basato su una gastronomia di altri continenti, è caldamente invitato ad inserire nella carta «almeno un piatto tipico lucchese, preparato esclusivamente con prodotti comunemente riconosciuti tipici della provincia». Alla faccia della globalizzazione, e forse anche della libertà di fornelli, la giunta di Lucca (Pdl più lista civica) ha approvato a maggioranza un regolamento comunale su locali, bar e ristoranti che difficilmente passerà inosservato. Di fatto, la nuova disciplina (dalla quale si sono dissociati le minoranze Pd e Prc) tira una riga lunga come un'autostrada sulla speranza di aprire ristoranti etnici in centro storico.
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