Erano già passate la primavera e l’estate del 1219 con continui scontri e i Crociati avevano ancora un potente esercito. Molti pellegrini approfittarono del passaggio di settembre per ritornarsene in Europa e molti, allo stesso tempo, ne giungevano dall’Occidente. Si diffuse anche la voce che era imminente l’arrivo dell’Imperatore del Sacro Romano Impero con un potente esercito, così che il Sultano del Cairo spedì i suoi ambasciatori al campo dei Crociati con una proposta di pace.
Il Sultano offriva la restituzione ai Crociati del regno e città di Gerusalemme, con l’eccezione delle fortezze del Krak e di Montreal, per le quali offriva di pagare un tributo; il Sultano, oltre ad offrire una tregua di trenta anni, prometteva anche di pagare 200.000 denari per la ricostruzione delle mura e delle torri di Gerusalemme e di liberare tutti i prigionieri cristiani catturati dalla morte di Saladino in poi. In cambio di tutto questo il Sultano chiedeva che i Cristiani si allontanassero immediatamente dall’Egitto.
Questa era una generosa offerta, ma mostra anche come al-Malik al-Kāmil era ansioso per la sua posizione. Temeva molto per la perdita di Damietta e forse non era sicuro della sua capacità di difendere l'Egitto; era meglio che i Crociati abbandonassero l’Egitto. Inoltre, suo fratello, il Principe di Damasco Malik al-Mu’azzam Musa, nel gennaio precedente aveva distrutto tutte le fortificazioni di Gerusalemme (e diverse altre città) e la città non poteva più essere difesa.
Fu riunito il consiglio dei capi cristiani per decidere sulla proposta del Sultano. Il Re di Gerusalemme e i baroni francesi, inglesi , olandesi e tedeschi, erano dell’opinione che si accettasse la pace; il Re riteneva che non ci potesse essere una migliore occasione per rientrare nel suo regno, ed i baroni d’Occidente, desiderosi di tornare alle loro patrie, piaceva l’idea di poter dare una fine tanto onorevole ad una guerra pericolosa e dubbia.
Essi consideravano anche che accettando la proposta pace, conseguivano la liberazione dei luoghi Santi ed anche che l’assedio di Damietta durava già da diciassette mesi senza speranza di vittoria, che molti Crociati ogni giorno se ne ritornavano in Europa mentre il nemico riceveva continuamente nuovi rinforzi.
Ma il Cardinal Pelagio Galvani, ritenendosi il capo della Crociata, era di contrario avviso ed intendeva rendere famoso il suo nome con qualche fatto glorioso. Egli pensava che le pacifiche proposte del nemico erano un artificio ben escogitato per impedire la conquista di Damietta e per guadagnare tempo e che l’unico scopo del Sultano era quello di disarmare i Cristiani e dare loro un pretesto di ritornare in Europa; quindi solo dopo aver preso Damietta, i Cristiani potevano concludere una pace vantaggiosa e sicura, e non altrimenti.
Dopo le considerazioni del Cardinal Pelagio Galvani successe in grande conflitto di pareri che durò per molti giorni. Alla fine ogni trattativa di pace fu interrotta e fu ripreso l’assedio di Damietta con maggior vigore che prima.
Intanto il Sultano era stato abbandonato da alcuni suoi alleati e Damietta versava in grande pericolo. Tentò di mandarvi dei rinforzi con l’aiuto delle tenebre della notte, ma questi tentativi riuscirono quasi tutti inutili. Uno degli stratagemmi per mandare viveri al presidio della città consisteva nel fatto che i musulmani riempivano di pane delle sacche di pelle che, mandate nel Nilo, arrivavano galleggiando sotto le mura; il pane veniva nascosto anche nei panni dei cadaveri i quali, gettati in acqua, arrivavano sino agli assediati. Ma tali stratagemmi, scoperti dai Cristiani, furono impediti.
Allora si diffuse la fame ed il presidio, vinto dalla fatica e dal digiuno, non aveva più tanto vigore per difendere o guardare le mura ed il popolo se ne fuggiva alla spicciolata durante la notte.
In tale grave situazione il Governatore di Damietta, scrisse al Sultano una lettera che diceva così:
“O Signore dell’Egitto! Se tu non mi soccorri tosto, io non ho più rifugio e la mia gloria è spenta; fra poco sarà spiegato l’esecrando vessillo della Croce su i miei cadenti edifici, e la campana degli infedeli proclamerà nel mio desolato recinto il trionfo del Vangelo”.
Il Sultano non poté far penetrare alcuna risposta nella città; cercarono di penetrarvi alcuni abili nuotatori musulmani, ma i Cristiani avevano posto sott’acqua delle reti nelle quali li prendevano come pesci.
Preclusa ogni comunicazione con la città, né il Sultano, né i Crociati potevano più sapere nulla di quello che vi accadeva. Il Cardinal Pelagio Galvani gloriandosi dei suoi successi, ora accendeva il coraggio dei Crociati, usando al tempo stesso sia le promesse che le minacce della chiesa: indulgenze per ogni pena e fatica che i Crociati dovevano affrontare, ed anatemi per qualunque mancanza.
Malgrado il momento favorevole, al campo Cristiano accadevano delle cose incredibili: molti Crociati, disertando i vessilli della Croce, si rifugiavano nel campo musulmano, abbracciavano l’islamismo e, più degli stessi musulmani, ne divenivano acerrimi difensori. Altri ancora, più perversi e traditori, consegnavano al nemico i posti in cui erano di guardia. Molti attribuirono la colpa dell’accaduto al Cardinal Pelagio Galvani che, col suo despotismo e orgoglio, aveva reso insopportabile la santa religione di cui era rappresentante, ma altri dicevano che ciò era accaduto per il volere di Dio, il quale si serviva di tali mezzi per meglio dimostrare la sua onnipotenza.
Il Cardinal Pelagio Galvani, per mantenere l’ordine e la disciplina nell’esercito, usava lo spauracchio delle ecclesiastiche censure contro i traditori del vessillo di Cristo. Qualunque cavaliere si fosse allontanato dalla battaglia perdeva cavalli ed armi e veniva vergognosamente bandito dall’esercito; ad un fante che non obbediva agli ordini gli veniva mozzata la mano destra ed era spogliato d’ogni suo avere. Ogni uomo o donna che, posto a guardia delle tende, fosse stato trovato senza armi veniva scomunicato. Tutti questi rigori esasperavano gli animi dei Crociati. Nondimeno l’assedio progrediva vigorosamente.
Il Sultano al-Malik al-Kāmil rinnovò per la seconda volta l’offerta di pace, con l'aggiunta di 30.000 bisanti per compensare i due castelli, ma ancora una volta l'offerta venne respinta dal Cardinal Pelagio Galvani.
Potrei continuare per ore... insomma, avete fatto pace o no, mediocri dispensatori di pippe che non siete altro?
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luca