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Fausto Coppi

Ultimo Aggiornamento: 02/01/2010 13:07
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02/01/2010 13:07
 
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40 anni da uomo, 50 anni da mito

Caro Giovanni, ti mando due corridori.
Uno, il Coppi, vincerà.
L'altro farà quel che potrà.
Sono le parole di Biagio Cavanna, il massaggiatore, uomo squadra di Girardengo. Da Girardengo a Coppi, da storia a storia, è il '39 quando Cavanna scrive a Rossignoli della Bianchi, scrive di un ragazzo, eccellente scalatore e forte anche in volata. Un ragazzo che spinge sui pedali come pochi. Un ragazzo che diventerà un uomo, l'Airone, capace di entrare prepotentemente nella storia del ciclismo italiano e di esserne esso stesso l'icona. Ancora oggi, a cinquant'anni dalla sua morte.

Fausto Coppi vinse cinque volte il Giro d'Italia, due volte il Tour de France, fu campione del mondo e il soggetto preferito delle cronache del nostro paese, per la sua vita tormentata e per la sua relazione extraconiugale con la Dama Bianca, Giulia Occhini, donna per cui lasciò la moglie. Fu uno scandalo senza precedenti.

Quando, grazie a Rossignoli, Coppi entra nella Legnano di Gino Bartali, il suo esordio al Giro d'Italia sorprende tutti. E' l'inizio del mito. E' qui che comincia la storica rivalità con Bartali, che divide l'Italia sportiva. C’è sangue nelle vene di Gino, mentre in quelle di Fausto c’è benzina, scrive Curzio Malaparte. Parole che rappresentano a pieno la contesa tra i due: l'immagine di Bartali, campione solare e tradizionalista, verso quella di Fausto Coppi, di idee troppo libertine per l'Italia dell'epoca.

E' il 1940. Celebre la fuga dell'Airone iniziata sull'Abetone sotto il diluvio, fuga vincente che vale la maglia rossa. In quell'anno Bartali è il campione affermato, Coppi il gregario. Ma le gerarchie sembrano saltare fin dalle prime tappe. Bartali cerca di sminuire l'avversario, insinuando che molti corridori forti in pianura abbandonano alle prime salite di montagna.

La profezia di Bartali è veritiera: all'arrivo sulle Alpi, un Coppi attanagliato dai crampi decide di abbandonare il Giro. E' qui il paradosso del fair play, della sana competizione, perché è proprio Bartali a convincerlo a proseguire. Rinfresca il compagno con della neve, usa parole dure e lo costringe a ricominciare a pedalare. Di questa rivalità rimane la celebre fotografia scattata dal fotografo della Omega Fotocronache, Carlo Martini, in cui è ritratto il passaggio di una borraccia tra i due eterni rivali. La foto diviene il simbolo della lotta sportiva, quella pulita, della sfida tra campioni di stile.

La maglia bianco-celeste, la maglia dell'Airone, sarà la maglia perennemente in testa, quella da inseguire, in fuga per un decennio. Coppi vince tutto quello che c'è da vincere, è il primo a centrare la doppietta, Giro d'Italia e Tour de France, nel 1949.

Cinquant'anni non hanno minato l'icona. Fausto Coppi rimane il campionissimo dell'epoca migliore del ciclismo. Si spegne il 2 gennaio 1960, esattamente cinquant'anni fa, per una malaria contratta in Africa e non diagnosticata. Rimane nell'immaginario la figura dell'Airone, forte in pianura, forte sui pedali, che ha vinto le tappe degli anni anche dopo la sua morte.

"Su col morale se la scienza ci insegna qualcosa, ci insegna ad accettare i nostri fallimenti, come i nostri successi, con calma, dignità e classe...." (Gene Wilder, in "Frankenstein junior")

"Un uomo che sa cucinare è come lo svolazzo nella firma di un grande pittore in basso a destra" (G.M."ilP.")

"..perde palla Rivers, 13 secondi e 29 centesimi...E VERAMENTE CHI DA UNA VITA SOFFRE PER LA FORTITUDO, IN QUESTO MOMENTO HA TUTTO IL DIRITTO DI CREDERE DI ESSERE NATO SFIGATO..." (F.Pungetti)



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