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"El Duque"

Ultimo Aggiornamento: 03/01/2009 11:00
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03/01/2009 11:00
 
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La leggenda di Orlando Hernandez, El Duque: 11 anni fa, su una zattera di 3 metri, scappava da Cuba.
Inseguendo un sogno. E per nove anni è stato una “superstella” della Major League

di MAURIZIO ROVERI - doubleplay.wordpress.com/

Una zattera di tre metri. La voglia di scappare. Lo sguardo perso nel vuoto nel buio della notte. Scivolando sulle onde del grande Oceano, pronto ad inghiottirti con la sua solitudine. Quel mare rappresentava la speranza di un domani migliore, e ti regalava un sorriso. Quel mare, però, metteva anche paura: poteva trasformare in inferno il viaggio della speranza di Orlando e altri sette “disperati” che quella notte del 26 dicembre 1997 decisero di fuggire da Cuba. A rischio della vita.
Orlando Hernandez era un idolo nell’isola di Castro. Il lanciatore più famoso. Il numero uno. Aveva giocato con gli Industriales dell’Avana, permettendo al team di vincere il titolo della Cuban National Series nel 1992 e nel 1996. In dieci anni di carriera aveva vinto, sul monte di lancio, 129 partite. Contro appena 47 sconfitte. Con un eccellente 3.05 di ERA (punti guadagnati sul lanciatore). “Numeri” straordinari. La miglior percentuale di vittorie nella storia del baseball di Cuba. Punto di forza della “Seleccion”, s’era coperto di gloria vincendo titoli mondiali e soprattutto facendo parte della Nazionale cubana in trionfo ai Giochi Olimpici di Barcellona nel 1992.

Settembre 1995, Livàn Hernandez – fratellastro di Orlando – fugge da Cuba. Dieci mesi più tardi, luglio 1996, Orlando Hernandez viene trattenuto dalla Sicurezza dello Stato cubano e interrogato: si sospetta che tenga dei contatti con un procuratore sportivo americano. Sta organizzando la fuga, questa è l’accusa. E a ottobre viene allontanato dalla Nazionale. Anzi, gli viene vietato di giocare a baseball per il resto della sua vita. Orlando ha poco più di trent’anni. Finisce – lui “stella” della Seleccion – per lavorare come allenatore in un ospedale psichiatrico. Per pochi pesos, l’equivalente di 10 dollari al mese.
Il successo del fratellastro in Major League (MVP alle World Series con i Florida Marlins) fa scattare la molla. Orlando vuole, per sé e per sua moglie, un’altra vita. Ha bisogno del baseball. Ha bisogno di salire sul monte di lancio. Sa che può essere dominante anche nelle Grandi Leghe del baseball statunitense. Ha bisogno di inseguire dei sogni. Qualunque persona deve poter accarezzare un sogno.
Ed è così che la notte del 26 dicembre 1997 Orlando Hernandez, assieme alla moglie, al ricevitore Alberto Hernandez Perez e ad altre cinque persone, prendono il mare. Dal villaggio di Caibaren. Sulla piccola zattera. Sfidando l’Oceano, il mare in tempesta, gli squali. E l’ira di Fidel, se fossero stati intercettati e il tentativo di fuga fosse fallito.
Una storia di Natale. Che vi proponiamo. Perché è avvenuta 11 anni fa, tondi tondi. E vale la pena ricordarla perché ha il sapore della favola. Orlando in America ci è arrivato, ha giocato grandi stagioni con i New York Yankees, è diventato miliardario, è stato fra i pitchers più prestigiosi della MLB dal 1998 al 2007.
E poi… c’è un altro motivo che mi spinge a parlare di Orlando Hernandez, celeberrimo con il soprannome di El Duque. Questo prestigioso personaggio – ora quarantatreenne – potrebbe far parte dell’Italian Baseball League 2009. Fantabaseball? No. C’è chi lo sta trattando. Sarebbe il colpo più clamoroso di tutti i tempi del nostro piccolo mondo del baseball italiano.
Lo so. Vien difficile immaginare un mito come El Duque Hernandez qui nel nostro campionato. Si sta ritirando? Però resta una Leggenda. Un personaggio di questo spessore sembra… irraggiungibile anche se ha deciso di chiudere con il grande baseball professionistico. Eppure, un contatto esiste. Potrebbe anche rimanere un semplice contatto, e nulla più, ma questa indiscrezione merita di essere resa nota.
Torniamo indietro di undici anni, alla zattera, a quel rischiosissimo e disperato viaggio della speranza.
Orlando e gli altri compagni d’avventura approdarono nella deserta isola caraibica di Anguilla Cay. Poi, vennero avvistati da un elicottero della Guardia Costiera americana il 28 dicembre, nelle acque delle Bahamas. Il Dipartimento di Stato americano venne in loro soccorso (il pericolo era che il governo delle Bahamas restituisse i dissidenti a Fidel Castro, in base ad un accordo che le Bahamas avevano preso con il Governo cubano).
Gli americani erano pronti a far entrare, con un permesso speciale, Orlando Hernandez negli Stati Uniti. Ma Orlando, che evidentemente aveva le idee chiare sul suo futuro, declinò quell’offerta. Preferendo chiedere asilo politico alla Costa Rica. Strategia intelligente. Se Orlando avesse accettato di diventare immediatamente un residente degli Stati Uniti, si sarebbe dovuto adattare alle regole del baseball e pertanto entrare nel draft. Negoziando il proprio contratto soltanto con il club che l’avrebbe scelto. Ma, come “non residente” in USA, Hernandez poteva negoziare con qualsiasi franchigia. In qualità di free agent. Dopo due mesi vissuti in Costa Rica, Orlando Hernandez entrò negli Stati Uniti grazie ad un “visto” organizzato dai New York Yankees, con i quali firmò un contratto quadriennale da 6 milioni e mezzo di dollari.
I “numeri” delle 9 stagioni di Orlando “El Duque” Hernandez nella MLB: 6 anni con gli Yankees dal 1998 al 2004 (61 partite vinte), 1 con Chicago White Sox, 1 con Arizona Diamondbacks, 2 con New York Mets. Totale: 90 partite vinte e 65 perdute. Più, 2 salvezze. 219 partite giocate, 211 da “partente”; 1314 ripreser lanciate e 1086 strikeout.
A causa di un infortunio ad un piede, ha perso completamente la stagione 2008.


"Su col morale se la scienza ci insegna qualcosa, ci insegna ad accettare i nostri fallimenti, come i nostri successi, con calma, dignità e classe...." (Gene Wilder, in "Frankenstein junior")

"Un uomo che sa cucinare è come lo svolazzo nella firma di un grande pittore in basso a destra" (G.M."ilP.")

"..perde palla Rivers, 13 secondi e 29 centesimi...E VERAMENTE CHI DA UNA VITA SOFFRE PER LA FORTITUDO, IN QUESTO MOMENTO HA TUTTO IL DIRITTO DI CREDERE DI ESSERE NATO SFIGATO..." (F.Pungetti)



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