L'INIZIATIVA
Un trofeo in nome di Arpad Weisz
l'ebreo che fece grande il Bologna
Ungherese, morì ad Auschwitz nel 1944. Scoprì il talento di Giuseppe Meazza e inventò i ritiri estivi. Con lui la squadra emiliana, negli anni Trenta, "faceva tremare il mondo", come recita uno slogan ancora in voga oggi fra i tifosi. L'idea di Gianni Mura accolta da tanti sostenitori in città
di SIMONE MONARI
Potrebbe esserci presto il trofeo Arpad Weisz. Non è una birra e non c'è nulla di esotico né, per una volta, di pubblicitario. L'idea é di Gianni Mura, che ne ha scritto domenica nella sua rubrica settimanale "I cattivi pensieri".
Repubblica Bologna l'ha rilanciata martedì con un articolo di Paolo Soglia che ha suscitato subito un certo seguito. L'indomani Roberto Zanzi, dg del Bologna, ha preso posizione. "Alla prima occasione ne parleremo con l'Inter, per trovare una data che si presti a questo tipo di iniziativa".
Nell'imminenza del 27 gennaio, il Giorno della memoria dedicato alle vittime della Shoah, si torna dunque a parlare di Arpad Weisz, tecnico ebreo ungherese morto ad Auschwitz nel 1944. Potremmo tranquillamente definirlo un padre del calcio moderno seppur, per tanti anni, letteralmente dimenticato. Eppure fu l'uomo che inventò i ritiri estivi, che scoprì nientemeno che Giuseppe Meazza e che contribuì a fare grande, grandissimo, il Bologna. Erano gli anni '30 e ancora oggi quella è ricordata come la squadra che faceva tremare il mondo. Che non si limitò a vincere in patria, ma diede lezione persino ai maestri inglesi che sin lì avevano snobbato il calco oltreconfine e che invece nel '37, nella finale del Trofeo dell'Esposizione (una sorta di Champions League di quegli anni), subirono l'onta di un 4-1 che fece epoca, ridimensionò il Chelsea e issò il Bologna sulla ribalta continentale.
Era il Bologna dell'ultimo Schiavio,
l'eroe che nel '34 aveva permesso all'Italia di vincere il suo primo mondiale, di Biavati, l'inventore del passo doppio che sarebbe stato fondamentale nella replica azzurra del '38 , degli uruguagi Andreolo, Sansone, Fedullo e Puricelli, di tanti altri e di sicuro in panchina di Weisz che in quegli anni di autarchia era obbligatorio scrivere con la V iniziale, all'italiana. Se Weisz é stato riscoperto, seppur tardivamente, il merito è tutto di un giornalista bolognese, Matteo Marani, che oggi dirige Il Guerin Sportivo e che nel 2007 gli ha dedicato un libro ( "Dallo scudetto ad Auschwitz" ) ripercorrendone le vicende col passo del cronista autentico e con la passione per la ricerca storica. Quella di Weisz è senza dubbia un'avventura esaltante dal punto di vista sportivo, drammatica da quello umano perché l'intera famiglia dell'allenatore ungherese pagherà con la vita nei campi di concentramento la barbarie delle leggi razziali.
A seguito del libro di Marani nel gennaio del 2009, su iniziativa del Comune di Bologna nell'anno del centenario del glorioso club rossoblù fu posta una targa allo stadio Dall'Ara per rendere omaggio a Weisz e ora anche Milano ricorderà, all'interno dell'impianto di San Siro intitolato proprio a Meazza, l'allenatore che per primo ne intuì il talento.
VenerdÌ dovrebbe tenersi la cerimonia alla presenza del presidente Moratti, del tecnico Ranieri e del capitano Zanetti. Che possa presto svolgersi un trofeo fra Bologna e Inter, le squadre che segnarono in maniera indelebile la carriera di tecnico di Weisz (che allenò anche il Bari e il Novara) è una possibilità. Il Bologna è intervenuto subito. "Potremmo disputarlo a fine stagione o nel precampionato", ha detto il dg Zanzi che ne parlerà il prima possibile con l'Inter. Due politici, il super tifoso rossoblù Maurizio Cevenini, consigliere comunale e regionale, e l'assessore provinciale allo Sport Marco Pondreli, hanno già aderito spiegando che per il calcio sarebbe un bellissimo messaggio.