Prete pedofilo, la verità di Vecchi
"La Curia non era al corrente"
Sull'inserto di Avvenire la replica di via Altabella alla ricostruzione del caso giudiziario fatta da Repubblica. Il vescovo: "Fino alla denuncia mai avvisati dei sospetti sul parroco"
di MICHELE SMARGIASSI
Cinque anni dopo i fatti, due anni dopo la sentenza, un mese dopo le ricostruzioni di Repubblica, la Curia informa finalmente i suoi fedeli che un sacerdote della diocesi fu condannato in primo grado (a sei anni e dieci mesi) per molestie pedofile ai danni di dieci bambine dai tre ai sei anni che frequentavano il suo asilo nido parrocchiale. Lo fa con un articolo non firmato su Bologna Sette (l´inserto bolognese di Avvenire) di ieri, che è in realtà la lunga autogiustificazione personale di monsignor Ernesto Vecchi, vicario generale della diocesi, riguardo ai rapporti da lui intrattenuti con le insegnanti dell´asilo che sporsero denuncia o testimoniarono contro il sacerdote.
L´articolo di Avvenire si presenta infatti come «la ricostruzione puntuale degli incontri avvenuti presso la Curia di Bologna con rappresentanti delle famiglie dei minori, tratta dagli appunti del vescovo ausiliare mons. Vecchi redatti all´epoca dei fatti». Il diario di Vecchi prende le mosse dal luglio del 2004, quando tra il parroco e le insegnanti scoppiarono forti contrasti di natura didattico-amministrativa che portarono al licenziamento delle maestre, poi riassunte grazie alla mediazione della Curia. In quell´occasione, ricorda Vecchi, nessuno fece cenno a sospetti di altra natura. Quando poi, il 15 novembre, la nuova coordinatrice dell´asilo gli chiese via fax un incontro, Vecchi annota di averla convocata per la settimana dopo, ma che la coordinatrice non si presentò «per malattia»; in realtà perché già «sotto segreto istruttorio», essendo intanto scattata la denuncia. Un incontro tra Vecchi, la coordinatrice e un genitore si tenne però l´8 gennaio, e anche dagli appunti del vicario ne trapela la tensione. L´incontro si concluse, secondo i due ospiti, con una frase pronunciata da Vecchi: «Questo incontro non è mai avvenuto», che l´interessato ha sempre smentito d´aver detto, ma che nei suoi appunti riemersi improvvisamente viene ora «collocata nel suo contesto: la preoccupazione della psicologa di mantenere il silenzio su questo incontro».
La ricostruzione di Vecchi rivendica la propria sincerità rispetto alle «opinioni di parte», come vengono definite le deposizioni rilasciate dai testimoni al tribunale di Ferrara, che per Vecchi «stravolgono la verità dei fatti». Effettivamente fra le versioni del vicario e quelle dei testimoni ci sono alcune divergenze: Vecchi nega che prima del fax del 15 novembre ci fossero state altre richieste telefoniche d´incontro senza esito, come invece messo a verbale dalla coordinatrice. Vecchi nega poi che quel fax contenesse accenni allarmati «alla questione morale», mentre (ma qui c´è un documento che lo prova) la coordinatrice vi scrisse di «un problema che può portare, vista la gravità delle accuse, a estreme conseguenze: denunce alle autorità, stampa ecc.».
Il vicario non contesta altro della ricostruzione ben più ampia di Repubblica, che parte da prima della cronologia del suo "diario", cioè dalla primavera del 2004, quando la Curia venne informata per la prima volta dei sospetti a carico del sacerdote, e arriva al processo diocesano recentemente svolto, ma tenuto rigorosamente segreto. Di questi e di altri aspetti dell´atteggiamento tenuto dalla Chiesa bolognese sulla vicenda, Avvenire non si occupa.
REPUBBLICA BOLOGNA